METROPOLITA

Autore: Angelo Di Berardino

Indice

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1.     Analisi dei termini “metropoli”

2.     Percorso storico

3.     Canoni dell'organizzazione civile provinciale

4.     Adattamento territoriale

5.     Conclusione

6.     Bibliografia e note

 

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 1.     Analisi dei termini “metropoli”

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            Termine derivante dal latino metropolitanus (metropolitanus episcopus: Aug, Ep. Dolbeau 22,6); Gregorio Magno usa abitualmente il termine metropolita e non metropolitanus. L’originale greco è metropolites che indica un cittadino della metropolis. Nei tempi più antichi, la metropolis era la città madre in relazione alle sue colonie, esempio Atene in relazione alle colonie ionie. Era anche la madre patria, la città di nascita. Il terzo significato era quello della città capitale di una regione, esempio del Ponto, della Frigia, ecc. In Egitto indicava il villaggio più importante di un distretto (nomòs); altrove, in Oriente, era la capitale delle province romane: Cesarea era la metropolis della Cappadocia, Efeso era la metropolis dell’Asia. Anche nel tardoantico metropolites era un abitante di una metropolis (Hier, Com. in ecc. 1, PL 23,1013. Il termine venne ad indicare anche il vescovo di una capitale di una provincia civile e come il vescovo più importante dell’area, a cui fanno capo tutti i vescovi della provincia romana. Un cristiano è anche un metropolites (cittadino) del cielo.

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2.     Percorso storico

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            Il cristianesimo nel primo secolo si diffonde principalmente nelle principali città localizzate lungo le grandi strade e di intenso traffico e nei porti principali perché approdo di navi per scambi commerciali. La predicazione dei primi missionari cristiani si era concentrata sulle città principali, che a loro volta diventavano centri di irradiazione nel territorio circostante. Il principio dell’organizzazione geografica del cristianesimo è antico; risale almeno agli inizi del secondo secolo, e si afferma quando si tengono le prime riunioni episcopali sulla Pasqua. Ragioni pratiche e amministrative civili, non teologiche o di fondazione apostolica, hanno influito alla suddivisione territoriale. I centri amministrativi delle province civili sono le sedi naturali per le riunioni episcopali, il cui vescovo è riconosciuto come presidente. Egli è il vescovo metropolitano. Successivamente si crea il titolo di arcivescovo, che inizialmente non corrisponde a metropolitano. L’organizzazione territoriale ecclesiastica si modella normalmente, ma non sempre, su quella civile romana, che nel quarto secolo era suddivisa in prefetture, diocesi e province. Queste si erano moltiplicate al tempo di Diocleziano. La metropolis era la capitale della provincia (eparchia), dove risiedeva il governatore (praeses o iudex).

 

            Il vescovo della città capoluogo di una provincia civile, nel corso del terzo secolo, acquista non solo maggiore importanza, ma anche una certa autorità sugli altri vescovi. Nel concilio di Nicea il canone quattro usa per la prima volta il termine “vescovo metropolitano” (metropolites episkopos) (cfr. ACO I,i, 3,  3; Leone M., Ep. 106,2: PL 54,1003-1004), espressione rara. Normalmente si preferisce dire: “il vescovo della metropoli”. Diventa ancora più comune il termine metropolita (Nicea, can. 6). Le versioni latine ricalcano il sintagma greco: metropolitanus episcopus (EOMIA I, 116 e 258); oppure usano una perifrasi o anche il termine metropolitanus.

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3.     Canoni dell'organizzazione civile provinciale

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            Il canone sei del concilio di Nicea ammette e consacra la struttura sopra-diocesana con le circoscrizioni metropolitane, riconoscendo inoltre alle chiese di Roma, di Alessandria e di Antiochia maggiori diritti rispetto alle altre chiese su più ampia estensione geografica. Il concilio di Nicea fa spesso riferimento all'organizzazione metropolitana: in ogni provincia (eparchia) due volte all'anno si tengano dei sinodi (canone 5); nelle ordinazioni episcopali devono convenire possibilmente tutti i vescovi della provincia ed è richiesto il consenso del metropolita (canone 4). Il metropolita è il centro della comunione provinciale (eparchia): “Conviene che i vescovi di ogni comunità sappiano chi è il loro primus (metropolita) e che non facciano nulla al di fuori della propria chiesa senza essersi prima consultati con lui [...] Ma anche il primus non faccia nulla senza consultarsi con gli altri” (Canoni apostolici, canone 9). Il concilio di Antiochia del 341 precisa ancora meglio: il metropolita ha la cura dell'intera provincia, ha il posto di onore (canone 9). Il termine honor implica non solo prestigio, ma anche autorità.

 

            Il principio menzionato – parlo di principio generale, non della sua stretta applicazione – deve tenere presente l’evoluzione dell’organizzazione amministrativa dell’Impero Romano. La suddivisione delle province e i confini hanno variato nel tempo. Diocleziano le moltiplica, e il loro numero passa da una cinquantina ad oltre un centinaio. Il concilio di Nicea del 325 tiene presenti le province civili e secondo le province civili si organizza anche la geografia ecclesiastica. Questo principio non è sempre valido in tutto l’Impero. Nel concilio i vescovi firmano secondo le province romane; il primo a firmare è il vescovo della capitale provinciale. Tra gli altri emana alcuni canoni, che da un lato consacrano la situazione esistente dell’organizzazione delle comunità cristiane in Oriente, dall’altro essi possono essere uno stimolo per l’organizzazione geografica in altre aree, specialmente occidentali. Il canone quattro stabilisce che un vescovo sia eletto da tutti i vescovi di una provincia (eparchia). La conferma dell’elezione di un vescovo diocesano deve essere riservata al metropolita di ciascuna provincia. Il canone ha presente l’organizzazione provinciale civile realizzata da Diocleziano e da Costantino. La provincia civile coincide con quella ecclesiastica. Pertanto, negli anni immediatamente anteriori si è avuto un grandissimo sviluppo dell’organizzazione ecclesiastica in relazione alla moltiplicazione del numero delle province civili. Il canone cinque esorta i vescovi di una stessa provincia a riunirsi una volta all’anno per risolvere i loro problemi. Il canone sei riconosce tre sedi principali (Roma, Antiochia e Alessandria).

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4.     Adattamento territoriale

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            Nel quarto secolo è norma assoluta e indiscussa che esista un solo vescovo in ogni città; il vescovo è territoriale. Il canone nono del sinodo di Antiochia del 341 prescrive che ogni vescovo ha il potere solo sulla propria diocesi, in alcune attività ha bisogno del consenso del vescovo metropolita, né questi può decidere nulla senza il consenso degli altri vescovi della provincia. Si era affermato il principio “dell’accomodamento territoriale”, cioè della organizzazione ecclesiastica modellata su quella civile, per cui se avesse cambiato lo stato giuridico di una città, altrettanto sarebbe avvenuto nell’ambito ecclesiastico (Calcedonia, can. 17; cfr. F. Dvornik, passim).

 

            Queste prescrizioni, se da una parte rispecchiano la situazione di alcune province orientali, dall’altra esprimono orientamenti per il futuro per altre aree geografiche. Il sistema di organizzazione in province ecclesiastiche con un metropolita non è omogeneo in tutto l’Impero Romano. Anche in questo l'Oriente precede l'Occidente. In Spagna ciò avviene parzialmente solo nella seconda metà del secolo IV. Il sistema si sviluppa meglio durante il quinto secolo. Nelle Gallie il sistema metropolitano si sviluppa nel corso del quarto secolo in relazione alle province civili, ma talvolta abbiamo delle contestazioni ancora nel quinto secolo e la sede metropolitana non coincide sempre con la capitale provinciale. L’anonimo autore del De septem ordinibus (CPL 764), del quinto secolo inoltrato, considera come organizzazione recente e imposta per esigenze di disciplina. Il vescovo di Roma ha alle sue dipendenze i vescovi dell’Italia suburbicaria, cioè l’Italia centro-meridionale. In tutto questo vasto territorio non ci sono vescovi metropolitani.

 

            In Africa romana nella Proconsularis il metropolita - detto primate – è il vescovo di Cartagine, nelle altre province è il vescovo più anziano per ordinazione. Cipriano si considera ed è riconosciuto come il primate delle tre province africane, in quanto solo nel 305 c’è un primate in Numidia. Per difendere diritti acquisiti o rifiutare le pretese di una sede metropolitana su una episcopale, oppure di una sede patriarcale su ambedue, assume importanza assoluta il rito della consacrazione episcopale, che conferisce una specie di maternità, e quindi di dipendenza, della sede del vescovo consacrato in relation to the see of the vescovo consacrante. I poteri del vescovo metropolitano sono: egli conferma e spesso ordina i vescovi della sua provincia, convoca e presiede i concili provinciali, in certi casi esamina i casi degli scomunicati dai vescovi della provincia.

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5.     Conclusione

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            L’articolo di inizio per lo studio di metropolita, per me, è quello di B. Shaw (1880). Lo studio base resta quello di Turner (1912). Importante per l’Oriente è il volume di Dvornik (1966). Numerose annotazioni si trovano nel primo volume della Histoire des conciles di Hefele-Leclercq, Poi bisogna ricorrere agli articoli di dizionari. Alcuni studi sono dedicati a delle aree particolari (Mansilla,[1959] e Schmitz [1894].

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6.     Bibliografia e note

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-      Batiffol, P., La prima cathedra episcopatus du concile d'Elvire: JTS 26(1924) 45-48.

-      Di Berardino A., Istituzioni della Chiesa antica, Venezia 2019, pp. 262-264 e passim.

-      Di Berardino, A., Organizzazione ecclesiastica delle comunità cristiane agli inizi del quarto secolo, in Costantino il Grande. Alle radici dell’Europa, Roma 2014, pp. 79-104.

-      Di Berardino, A., Organizzazione geografica delle comunità cristiane al tempo del concilio di Nicea (325), in Costellazioni geo-ecclesiali da Costantino a Giustiniano: dalle chiese principali alle chiese patriarcali, Roma 2017, pp. 7-38.

-      Dvornik, F., Byzantium and the Roman Primacy, New York 1966.

-      Grotz, EH. Die Hauptkirchen des Ostens von den Anfängen bis zum Konzil von Nikaia (325), OCA 169, Roma 1964.

-      Hefele, C.J. - Leclercq, H., Histoire des conciles, Paris 1907.

-      Herman, E., Appunti sul diritto metropolitico nella Chiesa bizantina: OCP 13 (1947)522-550.

-      L’Hiuillier, P., The Church of the ancient councils, Cretswood, NY, 1996.

-      Mansilla, D., Orígenes de la organización metropolitana en la Iglesia española, in Hispania Sagrada 12(1959), 255-290.

-      Örsy, L., The developement of the concept of "Protos" in the ancient church: Kanon  9 (1989)83-97.

-      Schmitz, H.J., Die Rechte der Metropoliten und Bischöfe in Gallien vom vierten bis sechsten Jahrhundert: Archiv für katholisches Kirchenrecht 72(1894)3-49.

-      Shaw B. in W. Smith, A Dictionary of Christian Antiquities, London 1880, col. 1171-1171.

-      Turner, C. H., Metropolitans and their jurisdiction in primitive canon law, in: Studies in early church history, Oxford 1912, 71-96.

-      Vogel, C., Circonscriptions ecclésiastiques et ressorts administratifs civils durant la première moitié du IVe siècle, in: La géographie administrative et politique d'Alexandre à Mahomet, Strasbourg 1979, 273-291.

 

 

 

 

Last modified: Tuesday, 11 May 2021, 5:45 PM