EUGIPPIO: LA REGOLA

Autore: Luciana Maria Mirri

 

INDICE

1. L'identificazione del «Codice E»

2. Il monaco Eugippio

3. Le fonti della Regola

4. Le tematiche teologiche

5. Messaggio

 

1. L'identificazione del «Codice E»

 

Eugippio «scripsit et regulam monachis consistentibus in monasterio sancti Severini, quam eisdem moriens quasi testamentario iure reliquit»[1]: la notizia di Isidoro di Siviglia è rimasta fino alla seconda metà del sec. XX l'unica testimonianza della Regola monastica attribuita ad Eugippio, autore della Vita di san Severino[2]. Sua è pure l’opera Excerpta ex operibus sancti Augustini, citati da Cassiodoro e dedicati alla vergine Proba[3]. La Regola era ritenuta documento perduto. Nel 1953 è pubblicata un'edizione diplomatica dei manoscritti 12205 e 12634 di Parigi, a cura di H. Vanderhoven, F. Masai e P. B. Corbett. Il testo presentato è la Regola del Maestro, secondo i due codici latini più antichi di essa rinvenuti. Il primo manoscritto risale al VII secolo[4] e l'altro del VI. Suo ambiente culturale di provenienza è l'Italia centro-meridionale[5]. Stilando l'edizione critica della Regola del Maestro vent'anni dopo, sulla base di questi due codici, Dom Adalbert de Vogüé concentrò l’attenzione sul manoscritto Parisinus latino 12643, corrispondente alla seconda parte del codice, contenuta nei fogli 9r - 77v della sua edizione. Oltre a un'estrapolazione della Regola del Maestro, l'antico documento presentava un florilegio di brani estratti dalla letteratura monastica orientale ed occidentale e composti a modo di «Regola», non disdegnando originali mutazioni rispetto alle «fonti». Vi si poteva scorgere una delicata opera di rielaborazione di testi abbinati secondo un criterio preciso e finalità di un «libello» a se stante. A chi attribuire la redazione? Eccetto il brano d'esordio attribuito a S. Agostino, gli altri erano anonimi, benché di facile identificazione per autore oppure opera. Il Prof. A. de Vogüé notò che quanto contraddistingueva ogni frammento in suo inizio era la lettera «E», citata una volta soltanto come lettera iniziale per la parola Excerptum, «estratto» appunto. Gli parve quello un indizio sufficiente per avanzare l'ipotesi che quella «E» inviasse all'iniziale del nome dell'autore dell'anonima composizione letteraria monastica del codice Parisinus latino 12634, EUGIPPIO, e di essere davanti alla Regola segnalata da Isidoro di Siviglia come testamento spirituale dell'abate di Lucullano ai monaci di san Severino, prima di morire, circa tra il 530 e il 535. La prima analisi fu quella di critica del testo nel raffronto le opere di Eugippio conservate: gli Excerpta ex operibus sancti Augustini e la Vita sancti Severini[6]. La prima opera è quella che ha peculiarità identica: come la Regola, è un florilegio. Tra i due componimenti, vi è differenza di lunghezza: gli Excerpta, constavano originalmente di 338 capitoli[7], l'altra, la Regula, di 46. Tuttavia, la loro somiglianza è notevole per genere e per esordio. Entrambi gli scritti iniziano con un testo di S. Agostino: l'uno con una sua lettera a S. Girolamo, la 147, l'altro con la «Regola» di S. Agostino. Entrambi i testi selezionati da Eugippio sono presentati interamente e trattano dell'amore fraterno. Circa la «Regola» attribuita a S. Agostino si tratta dell'Ordo Monasterii unito al Praeceptum[8], testi nei quali si proclama la carità unificante la comunità nel comandamento dell'amore a Dio e al prossimo. Corrispondenza tra i due documenti è pure nella loro conclusione, dove convergono per contenuto: l'amore fondamento della vita comune, da due estratti di S. Basilio e S. Girolamo a fine della Regola. In parallelo, gli Excerpta terminano con due capitoli agostiniani di medesima tematica. Analogie sono  nel modo di connettere capitoli o brani tra loro: in entrambi i lavori spesso sono omesse frasi o intere pagine centrali del testo ricopiato. Vi è un medesimo criterio di selezione e cerniera degli estratti: privilegiato è l'argomento, e sotto la stessa titolazione sono frammenti di opere o autori diversi, ma identico contenuto. Simile in entrambi gli scritti è il modo di abbreviare i testi latini delle fonti ed il metodo redazionale. Si riscontrano gruppi di brani a tema comune, sequenze tematiche abbinate a sequenze locali. Questo procedimento da Eugippio adottato per il florilegio di estratti dalle opere di S. Agostino è uguale nella compilazione della Regola del codice Parisinus latino 12634. Chi ha composto la Regola ha un metodo personale nel procedere per sequenza progressiva. Il Prof. A. de Vogüé con dettagli pure filologici consolida la tesi dell'identità di autore tra i due documenti[9]. Il confronto della Regola con la Vita sancti Severini ha minor somiglianza. Le affinità sono comunque importanti: conformità linguistica e stilistica, contenutistica sul valore della preghiera incessante e della vita comune. Vi è strana corrispondenza tra i 46 capitoli nei quali Eugippio articola la Vita di san Severino e i 46 estratti di autori diversi del codice 12634 - rinominato «Codice E»[10].

 

2. Il monaco Eugippio

 

Il suo nome è giunto in più versioni: Euepius, Eugepius, Eugipius, Eugyppius ed Eugippius. L'ultimo compare negli scritti di Cassiodoro, di Fulgenzio di Ruspe e di Ferrando di Cartagine[11]. La sua notorietà si eclissa dietro il suo maestro: S. Severino[12]. Eugippio lo incontrò circa quindicenne, alla morte dell'abate del Norico (8 gennaio del 482). Il dato fa collocare la nascita di Eugippio verso il 467. Poi, la sua vita si fonde con quella della comunità monastica di Severino. Egli è testimone dell'esumazione del corpo del Santo nel 488 per la traslazione in Italia[13]. Dopo una tappa al Mons Feleter, oggi San Leo in Romagna, dove Eugippio conobbe esperienze monastiche della zona di San Marino[14], il gruppo si trasferì presso Napoli. Il periodo storico è quello di papa Gelasio (492-496). Le reliquie di san Severino operarono miracoli e una aristocratica invitò la comunità di monaci custode del corpo del Santo a stabilirsi nella villa di Lucullo. Quando i Vandali avevano iniziato ad insidiare le coste campane, il luogo era stato munito di difesa a modo di fortezza. Ne derivò il nome di Castellum Lucullanum[15]. Successori di Severino furono Lucillo e Marciano. Alla morte di quest'ultimo, la scelta della comunità cade su Eugippio, che era stato ordinato presbitero non più tardi del 509 e che stilò la Vita sancti Severini nel 511. L'ultima notizia certa di lui è del 533, in una lettera inviatagli dal diacono di Cartagine Ferrando. Questi, in un'altra missiva dello stesso periodo, annuncia l'invio di una campana, affinché Eugippio possa chiamare i confratelli alla preghiera con più adeguato strumento[16]. Detto particolare risulta assai interessante in quanto riferisce la Regola, dove si fa riferimento invece ancora ad un «segnale battuto» per convocare la sinassi liturgica[17]. Dunque, l'informazione può offrire una datazione di riferimento più preciso della Regola, l'anno 533: dopo sarebbe arrivata la campana di Ferrando e se la Regola fosse stata scritta più tardi avrebbe parlato non più di «segnale battuto», bensì di «suono della campana».

Quando Cassiodoro nel De institutione ricorda Eugippio, ne parla in un certo passato: lo scritto è del 543 o del 544. Dell'amico monaco tesse elogio singolare, dicendolo «uomo che, se pure non fu formato alla letteratura profana, fu però impregnato moltissimo di lettura delle Sacre Scritture»[18]. Eugippio fu uomo di notevole cultura. Forse ebbe genitori romani, perché nella Vita sancti Severini, coloro che romani non erano sono designati «barbari»: è probabile fosse nato nella provincia del Norico, perché conosceva le relazioni tra i signori del luogo. Per quanto si schernisca di inadeguatezza retorica e di abilità nello scrivere[19], si distinse per talento letterario. Armonia della frase, vocaboli eleganti, originalità rispetto alle fonti utilizzate sono elementi di certa personalità letteraria. I contenuti, hanno vari ambiti di interesse: questioni attinenti lo scrivere, dogmatica, esegesi o vita quotidiana. Testimonianza della sua passione per la cultura viene da Fulgenzio di Ruspe, che nelle sue lettere svela l'importanza della biblioteca di Lucullano per la conoscenza religiosa[20]. Vi si trovavano manoscritti di lettere e opere di S. Agostino e un esemplare dei Vangeli attribuito a S. Girolamo e testi orientali, data la sua amicizia con Dionigi il Piccolo a Roma[21].

Si suppone l'esistenza di uno «scriptorium» con amanuensi, la cui presenza è deducibile da alcuni passaggi della Regola, dove si accenna all'obbedienza pronta al richiamo della preghiera e ai codici tra gli strumenti di lavoro da ricevere o da restituire[22]. Tutto fornisce una chiave di lettura per il valore della Regola di Eugippio nella storia letteraria del monachesimo antico. La secessio in villam è un elemento di continuità dall'esperienza filosofica classica a quella ascetica cristiana, di cui fu campione S. Girolamo con i cenacoli dell'Aventino[23]. Essa si sviluppò in una più organizzata realtà di comunità monastica articolata sulla nuova ascesi intellettuale, che andando oltre l'esercizio della lectio divina, produsse il genere letterario della letteratura monastica. Questa si aggiunse alla letteratura classica e a quella cristiana, e con inedita sintesi trasformò la saggezza teoretica antica in sapientia christiana, atta a nutrire la vita philosophica, cioè l'ascesi monastica, con la sublimazione dell'amore alla sapienza in amore alla «bellezza», sinonimo di verità e di santità. È la transizione dalla «filosofia» pagana alla «filocalia» cristiana[24], alla quale anche l'abate di Lucullano diede il proprio contributo. La vita, l'esperienzamonastica e gli scritti di Eugippio si collocano, a metà del Primo Millennio, come l'ultima pietra miliare di un lungo ed eroico cammino, inaugurato dai martiri e completato dai grandi monaci, missionari del Vangelo e «apostoli» della civiltà[25].

 

3. Le fonti della Regola

 

La Regola di Eugippio è un centone di scritti. Tale genere letterario «a compilazione» di brani era diffuso nella letteratura monastica con l'intento della formazione di comunità di asceti: trasmettere il meglio della tradizione in testi scelti. Qui sta l'originalità di queste opere: quali frammenti di autori siano selezionati, perché la scelta, come siano redatti e con quale logica di sequenza[26]. La Bibbia restava il nucleo essenziale[27]. L'abate era un padre spirituale dei confratelli, più con l'autorità morale che giuridica, con l'esempio che la parola[28]. Obbedire alla «Regola» significava obbedire all'abate, depositario della tradizione e «regola» vivente del monastero[29]. Tra le antiche regole quella di Eugippio occupa una posizione di rilievo in quanto, con la sua datazione tra il 530 e il 533, oltre che essere forse l'ultima precedente quella di S. Benedetto mai citata, è una delle più lunghe pervenute, seconda soltanto alla Regola del Maestro e alla Regola di S. Basilio, di cui Eugippio usa la versione del Piccolo Asceticon. La Regola di S. Agostino, unico testo riportato integralmente in apertura, è citato nella versione più antica: l'Ordo Monasterii, con l'abbinato Praeceptum. Oltre a questo e 17 estratti da S. Basilio e 16 dall'anonima Regula Magistri, seguono 14 estratti dalle Conlationes e dalle Institutiones di S. Cassiano e uno dalla Regola dei Quattro Padri, uno dalla Regola di S. Pacomio, uno dal sermone ai monaci di Novato e uno dalla lettera 125 di S. Girolamo[30]. Escludendo il testo agostiniano, fonte preferita da Eugippio fu la Regola del Maestro: ne è riprodotta un sesto e occupa più della metà del codice Parisinus 12634. La ripartizione degli estratti per estensione di pagine (ciascuna di circa due fogli del Codice E) risulta: Regola del Maestro pp. 59, Regola di Agostino pp. 22, testi di Cassiano pp. 20, Regola di Basilio pp. 18, sermone di Novato pp. 12, Regola di Pacomio pp. 2, lettera di Girolamo p. 1 e Regola dei Quattro Padri p. 1. Il Codice E in totale è di circa 115 pagine, senza l'estratto agostiniano. Nello schema di redazione dei frammenti, si nota che la Regola del Maestro si alterna con regolarità alle altre fonti, come spina dorsale. Nella prima ripartizione in 46 capitoli, anziché in 42, A. de Vogüé così presentava la suddivisione dei testi, escludendo la Regola di Agostino, preambolo «fuori serie»[31]:

 

Cap.                1:                                Regola dei Quattro Padri

Cap.                2:                                REGOLA DEL MAESTRO

Capp.              3-5:                             Basilio

Cap.                6:                                REGOLA DEL MAESTRO

Capp.              7-19:                           Basilio

Capp.              20-28:                         REGOLA DEL MAESTRO

Cap.                29:                              Pacomio

Capp.              30-32:                         REGOLA DEL MAESTRO

Cap.                33:                              Novato

Capp.              34-42:                         Cassiano

Capp.              43-44:                         REGOLA DEL MAESTRO

Cap.                45:                              Basilio

Cap.                46:                              Girolamo

 

La compilazione della Regola di Eugippio segue un metodo: affinità di argomento lega i brani di autori distinti o di opere diverse e gli estratti da un'unica fonte possono costituire una serie di testi non spezzati, fornendo dei «blocchi» d'autore e opera, come per S. Basilio e per S. Cassiano[32].

Una tendenza prevale: quella che simpatizza per la vita cenobitica quasi a scapito della eremitica. Il Prof. A. de Vogüé osserva in proposito: «Citando in conclusione un brano in cui Basilio condanna ogni tipo d'isolamento, Eugippio intende chiaramente sbarrare la strada a quelli tra i suoi monaci che sarebbero tentati di passare dal cenobitismo alla vita solitaria. La satira degli eremiti - presa da una lettera di Girolamo - che segue il lungo brano di Basilio, non lascia dubbi sulla prospettiva antieremitica di questa conclusione»[33]. A. de Vogüé aveva sottolineato già quanto l'autore del Codice E fosse prevenuto verso la vita solitaria, sponsorizzando il pensiero di Girolamo della Epistola 125, 9, in cui l'asceta di Betlemme mette in guardia il giovane amico Rustico da un'esperienza anacoretica prematura[34]. Stilisticamente parlando, infine, le analisi condotte sul Codice E nel confronto con le sue fonti rivelano modifiche significative di titoli[35], interventi di perfezionamento su vocaboli ed espressioni, aggiunte di sette brevi frasi alla Regola di S. Pacomio[36] e un'eccedenza di citazioni bibliche rispetto alla Regola del Maestro[37]. Il testo biblico più citato è il Salterio. Se si considera che la tematica più presa in esame nella Regola di Eugippio è la preghiera, che nello scopo della vita del monaco dovrebbe essere «incessante», ciò non meraviglia. Tra i libri dell'Antico Testamento, più citati sono i Proverbi e il Siracide, fonti della sapienza del monaco[38]; dal Nuovo Testamento, il Vangelo di S. Matteo e due lettere di S. Paolo: quella ai Romani e la prima ai Corinti, l'una per il tema Legge e Spirito, l'altra per il primato della carità, assai caro ad Eugippio, che lo presenta in apertura e in conclusione della sua Regola.

 

4. Le tematiche teologiche

 

Dallo studio della Vita di san Severino del Prof. Ph. Régerat[39], si apprende che il monachesimo sviluppatosi nel Norico aveva la caratteristica di organizzazione a forma di colonie semieremitiche di tipo orientale. Nella biografia, Eugippio mai chiama Severino con il titolo di «abbas», bensì di «doctor», esprimendo la stima per il maestro di perfezione e la relazione di un padre spirituale verso i figli. L'idea cenobitica resta sfumata: la comunità non può essere formata dall'esterno per volontà di un fondatore dotato di carisma. I termini «congregatio» e «societas», con l'aggettivo «sancta», nella Vita di san Severino e la sottolineatura degli sforzi del Santo per creare e preservare l'unità dei propri discepoli con l'amore fraterno, rinvia alla prima Chiesa: «la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune» (At 4, 32). Siamo dinanzi a tre coordinate teologiche della Regola di Eugippio: il modello ecclesiale della prima comunità cristiana come prototipo della monastica, l'«abate» inteso come «doctor»-maestro e il fondamento della «carità», «il vincolo di perfezione». Perfetta coesione di elementi di trinitaria, cristologia, pneumatologia ed ecclesiologia sono alla base di una spiritualità che vede promossa una nuova antropologia teologica in cui la persona è valorizzata sulla fiducia in lei riposta. La carità è il principio costituente al suo interno la «sancta societas» e, in essa, si fonda il servizio paterno del superiore prepostovi. Con stile giovanneo «ad anello», Eugippio avvia la sua Regola con il testo di Mt 22, 37-40 sul «comandamento più grande»: l'amare Dio con tutte le proprie forze ed il prossimo come se stessi. Termina poi nel penultimo capitolo con un elogio dell'esercizio della carità praticato nella vita comunitaria[40]. Qui sta la novitas evangelica dell’unità della Chiesa primitiva, la quale affrontò persecuzioni, pregiudizi e diversità tra membri di culture giudaiche e pagane. La comunità monastica era differente per problematica. Quanto a provenienza, pure i monaci di una medesima comunità potevano trovarsi a convivere tra confratelli di diversa estrazione sociale e culturale. Eugippio seleziona brani in cui ciò si percepisce[41]. Il monastero guarda alla Chiesa apostolica e su quell'esempio si preordina come «schola Christi»[42]. Abbinato a tale idea di comunità monastica, va il concetto di monastero come «Ecclesia Christi», sulla tipologia della Chiesa delle origini e di un ideale puro di «sancta societas» nella «koinonia» di molti fratelli. Ai profeti guide dell'Israele veterotestamentario e agli Apostoli guide del nuovo Popolo di Dio, succedono per Eugippio i «doctores», guide dei monasteri. Egli però inverte l'ordine profeti/apostoli in apostoli/profeti, ai quali fa seguire i «dottori». Infatti, fa riferimento a «tre gradi di magistero» costituiti dal Signore[43]. Se è evidente che gli apostoli corrispondono ai vescovi nella Chiesa e i dottori agli abati nei monasteri, i profeti posti «in medio» richiamano agli uomini di Dio la dimensione carismatica.

Umiltà, castità, penitenza, preghiera, giustizia, obbedienza, silenzio, carità nell'abate devono eccellere in più degli altri monaci per dare l'immagine dell'«uomo celeste»: egli è «magister» delle virtù nell'esemplarità concreta a modo di pastore in testa al proprio gregge. Eugippio lo appella: «artigiano della santa arte» che è la vocazione monastica[44].

La tradizione ascetica dell'Oriente cristiano entrò nelle Regole diffuse in Occidente e, attraverso l'Ordo Monasterii e il Praeceptum agostiniani, anche nel centone di Eugippio, come testimonia l'orario liturgico di ripartizione della preghiera e della giornata in genere[45]. Quanto alle virtù ascetiche, l'esperienza inaugurata da S. Severino privilegiava l'umiltà di cuore, la giustizia, il fervore interiore animato dalla compunzione e dalla preghiera continua, e la castità. Trattando del digiuno lo consiglia tra i mezzi ascetici classici per il dominio di sé, ma solo «per quanto la salute lo permetta»[46]. Altrettanto è per la distribuzione di cibo e di vestiario, da darsi «a ciascuno secondo le necessità»[47]. Infatti, il mezzo non va confuso con il fine e l'ascesi in sé è soltanto strumento di perfezione. Eugippio si preoccupa di esorcizzare nella comunità gelosie e mormorazioni[48]. Fortunato è chi non ha bisogno di benefici ed esenzioni da alcune pratiche ascetiche[49]. Lo stesso va detto per la correzione fraterna, di carattere «medicinale», ma non punitivo[50]. Le sanzioni, nell'intera Regola, concernono quasi esclusivamente il problema di un colpevole ritardo alla preghiera, vero nucleo della vita monastica personale e comunitaria[51]. Meno si occupa di altre mancanze[52]. Sincerità e umiltà di cuore sono le sole virtù in grado di combattere e vincere i vizi con l'aiuto di Dio e pure dei confratelli, tramite aperta confessione e pronta obbedienza al superiore[53]. Per l'intero capitolo XXIX, dedicato all’umiltà e obbedienza contro orgoglio e superbia, Eugippio si avvale della sentenza di Novato[54]. Ma il testo «gioiello» della Regola è il cap. XXVIII interamente tratto dalla Regola del Maestro e con tema la «grazia dell'umiltà e del progresso verso Dio».

Accostando i contenuti dei capitoli XXVIII e XIX della Regola, ci si accorge come la dinamica del pensiero presentato intenda sviluppare una formazione nella quale l'umiltà induce all'obbedienza e questa ha radici nella carità vera, che ottiene nella prassi comunitaria povertà e sensibilità interiore per il fratello. Questo affinamento in carità è «il vincolo di perfezione», in quanto è la perfetta imitazione di Cristo. Fare la volontà di Dio e sacrificare la propria, in una mistica crocifissione di quest'ultima nella carità, è la condizione «sine qua non» per un'armonica vita comunitaria edificata sull'esercizio delle virtù[55]. Seguendo, infine, a conclusione del testo, l'ecclesiologia paolina del corpo mistico di Cristo, in cui tutti si è membra l'uno dell'altro (cf. Rm 12, 5), e utilizzando e rielaborando un frammento di san Basilio, Eugippio lascia il suo intenso messaggio spirituale alla comunità severiana: «Ci dobbiamo adattare con armonia, ed essere ben uniti nello Spirito Santo come nell'organismo di un solo corpo»[56]. Egli lancia quindi il suo inno alla carità con quel brano geronimiano che trasforma in un'esaltazione della vita cenobitica per il motivo della superiorità, in essa, della carità praticata e della carità, si può dire, «moltiplicata», tra i fratelli che, come una milizia compatta, con essa e per essa danno l'assalto al Regno dei cieli (cf. Mt 11, 12)[57].

 

5. Messaggio

 

I contenuti privilegiati da Egippio sono presentati nella «Regola» di Agostino: l'unità cristiana dei cuori, la tipologia «familiare» della comunità, la sensibilità interiore, la vigilanza reciproca che può prevenire insidie del male nel confratello[58]. L'intento della Regola è di essere strumento della via al cielo. Ne deriva la sua elasticità e adattabilità alle situazioni singole. Non va trascurato il passo agostiniano a conclusione del Praeceptum in cui si esortano i monaci a leggere una volta alla settimana quel «libello», affinché possano mirarvisi «come in uno specchio»[59]. La concezione di «Regola» come «speculum» della propria santità «in itinere» può aver suggerito a Eugippio di inserire un passo della Regola del Maestro di sapore escatologico[60]. La Regola si propone come «specchio» della meta e memoria del futuro.

I temi esposti sono, secondo il Prof. M. Krausgruber: istruzioni fondamentali; istruzioni pratico-organizzative [suddivisione del giorno, servizio divino (con indicazioni sulla ripartizione dei salmi, comportamento e dispense varie), governo della comunità, ruoli, lavoro, refezione, vestiti, malattie, comportamento da tenersi con il mondo esterno]; conseguimento della perfezione [elenco dei vizi (superbia, ostinazione), combattimento contro gli stessi, trattazione delle virtù (umiltà, obbedienza, castità)]; scuola del servizio di Dio [funzione del monastero sulla via del cielo (la via della perfezione, l'ascesi, il comportamento con i beni materiali), la guida spirituale, la comunità (predilezione della vita comunitaria, comportamento da tenersi davanti alle mancanze dei fratelli)]; aspetti disciplinari[61]. Ancora è utile prendere in esame le percentuali di quanto ciascun tema si presenta trattato nella Regola di Eugippio per un confronto sinottico con la Regola del Maestro e la Regola di san Benedetto, riguardo alla ripartizione dei contenuti[62]. Come premessa va intanto evidenziato che nella Regola di Eugippio i temi fondamentali occupano 48 versetti, quelli spirituali 650, quelli pratico-organizzativi 249 e quelli disciplinari 160. Analisi parallela è stata condotta sulle Regole del Maestro e di san Benedetto. Traducendo, quindi, in percentuale la presenza delle singole tematiche in ogni Regola, emerge quanto segue:

 

            1.                     Temi fondamentali

                                  a.         Regola di Eugippio                circa il 4%

                                  b.         Regola del Maestro                circa il 4%

                                  c.         Regola di san Benedetto        circa il 2%

           2.                     Temi spirituali

                                   a.         Regola di Eugippio                oltre il 58%

                                   b.         Regola del Maestro                circa il 28%

                                   c.         Regola di san Benedetto        circa il 37%

            3.                     Temi pratico-organizzativi

                                   a.         Regola di Eugippio                meno del 24%

                                   b.         Regola del Maestro                circa   il   64%

                                   c.         Regola di san Benedetto        circa   il   55%

            4.                     Temi disciplinari

                                   a.         Regola di Eugippio                circa il 14%

                                   b.         Regola del Maestro                circa il   4%

                                   c.         Regola di san Benedetto        circa il   6%

 

Rispetto alla sua fonte principale per estensione, la Regola del Maestro, e al testo coevo della Regola di san Benedetto, la Regola di Eugippio si impone per predilezione del soggetto spirituale, mentre risulta inferiore per la trattazione di quello pratico-organizzativo[63].  I temi spirituali offrono un messaggio del pensiero di Eugippio il quale, attribuendo il 33% di spazio tra di essi alle virtù, contro l'8% all'argomento dei vizi, svela la sua impostazione positiva nella considerazione della formazione interiore della persona. Per il dato dell'ascesi ha concesso, all'interno di una regola monastica, solo l'1% di spazio percentuale sull'intero corpus dell'opera, in assoluto la più bassa per ogni tema da lui toccato sia tra quelli spirituali, sia tra quelli pratici. Il primato della carità, l'umiltà come grazia, una formazione volta più alla prassi fraterna e comunitaria che alla preoccupazione per la propria santificazione sono elementi indici di una «mistica dell'ascesi» matura. Il rapporto fraterno e comunitario si evidenzia come luminoso riverbero dell'autentica unione con Dio. L'umiltà che fa scendere la scala di Giacobbe, e non salire, è eloquente su questo insegnamento spirituale trasmesso da Eugippio. Volersi «far santo» da sé con l'imposizione di pratiche ascetiche straordinarie o stravaganti, che nella sua Regola proibisce drasticamente quanto le forme eccentriche di vita «monastica»[64], è inganno diabolico contrario alla carità e peccato di presunzione. L'umiltà che «fa diminuire» l'«ego» e crescere Cristo conduce al perfetto svuotamento di sé nella kenosi radicale. Allora il monaco sarà all'apice della «scala di Giacobbe», come Cristo innalzato sulla croce. La vita cenobitica ha valore come palestra del lasciarsi lavorare dalla grazia. Silenzio, obbedienza e confratelli sono i «mezzi ascetici» privilegiati[65]. Persino la castità viene presentata con testi delicati che ne fanno percepire il valore positivo per il bene e l'equilibrio di se stessi. Non vi sono accenti di disprezzo della donna, ma di sincerità interiore a cui educarsi per un autentico cuore puro. I contatti con la donna non sono in sé proibiti da strette clausure, ma concessi sotto vigilanza interiore e con onesta prudenza. Inoltre è stupendo il brano che sulla scia del salmo 132, 1 celebra il valore della vita fraterna: «… custodite reciprocamente la vostra pudicizia. Infatti, Dio che abita in voi, anche in questo modo vi proteggerà, ossia per mezzo di voi stessi»[66]. Il secondo dato che emerge in percentuale nella Regola è la comunità. Con il 25% di spazio nel testo è da catalogarsi per importanza al terzo posto, dopo le virtù. Tra i temi pratici, che quello del servizio divino è il più attinente all'ordinamento spirituale e quello del lavoro a ciò che concerne la comunità.

È evidente l'insegnamento di Eugippio: parte dal nucleo del Vangelo che è l'amore e, da questa esperienza redentiva, la creatura riceve «grazia su grazia» (Gv 1, 16) e inizia il suo «santo viaggio» (Sal 83, 6) nella via perfectionis, che è via humilitatis e, insieme, via caritatis. Egli mai fa cenno a differenze tra i monaci, chierici o laici, così come non si trova menzione dei sacramenti. Eppure sono il vissuto di cui la comunità si nutre, fondamento della reciprocità fraterna. La carità è la pedagogia che «educa» interiormente l'uomo responsabilizzandolo. La sua potenza lo libera da se stesso e lo porta verso l'Altissimo e verso il prossimo. È una Regola che parla al cuore dell'uomo per offrirgli l'«istruzione» della «pace vera», «non come la dà il mondo» (Gv 14, 27), perché è quella riposta nel primato della carità di Cristo.

 

6. Bibliografia e note



[1] Isidoro di Siviglia, De viris illustribus 26, 34, PL 83, 1097; cf. B. Degórski, L. Mirri (edd.), Eugippio. La Regola, Città Nuova, [Collana Testi Patristici 183], Roma 2005.

[2] Cf. Eugippio, Vita sancti Severini, CSEL 9/2 e SCh 374.

[3] Cf. Eugippio, Epistula ad Probam, CSEL 9/1, 1-4; Cassiodoro, De institutione divinarum litterarum 23, PL 70, 1137.

[4] Cf. G. Turbessi, Regole monastiche antiche, Roma 1978, p.367.

[5] Cf. A. Génestout, Le plus ancien témoin manuscrit de la Règle du Maître: le Parisinus latin 12634, «Scriptorium» 1 (1946/47), pp. 129-142; J. Leclercq, Autour d'un manuscrit de la Règle du Maître, «Revue Bénédictine» 57 (1947), pp. 210-212.

[6] Cf. A. de Vogüé, La Règle d'Eugippe retrovée?, «Revue d'ascétique et de mystique» 47 (1971), pp. 233-265.

[7] Cf. P. Siniscalco, Il numero primitivo degli Excerpta di Eugippius, «Revue des études augustiniennes» 10 (1964), pp. 331-342.

[8] Cf. G. Lawless, An Overview of Augustine's Monasticism and some Suggestions for Further Research, in M. Starowieyski (ed.), The Spirituality of Ancient Monasticism, Tyniec-Kraków 1995, pp. 135-161.

[9] Cf. M. M. Gorman, The Manuscript Tradition of Eugippius, 'Excerpta ex operibus sancti Augustini', «Revue Bénédictine» 92 (1982), pp. 7-32, 229-265.

[10] Cf. A. de Vogüé, Quelques observations nouvelles sur la Règle d'Eugippe, «Benedictina» 22 (1975), pp. 31-41: qui presenta nuova divisione in capitoli e versetti da lui data al testo e già introdotta nell'edizione critica pubblicata in CSEL 87. I 46 capitoli ancora considerati in analisi precedenti, sono ripartiti in 42 come segue: la Regola di sant'Agostino di prefazione al documento, prima fuori serie, diviene il capitolo I; i capitoli I-II, III-VI e XXX-XXXI unificati divengono rispettivamente i capitoli II, III e XXVII. Cf. anche: F. Villegas - A. de Vogüé, Praefatio, in Eugippii Regula, CSEL 87, Vindobonae 1976, pp. VII-XX; A. de Vogüé, Regula Eugippi, in G. Pelliccia - G. Rocca (edd.), Dizionario degli Istituti di Perfezione, VII, Roma 1983, coll. 1575-1576; J. Hofmann, Das Werk des Abtes Eugippius. Zum literarischen Vermächtnis eines spätantiken Augustinus-Kenners an die frühmittelalterliche Kirche des Abendlandes, «Zeitschrift für Kirchengeschichte» 109 (1998), pp. 293-305; C. Leyser, Shoring fragments against ruin? Eugippius and the six-century of the florilegium, in W. Pohl - M. Diesenberger (edd.), Eugippius und Severin. Der Autor, der Text und der Heilige, Wien 2001, pp. 68-70.

[11] Cf. Cassiodoro, De institutione 23, PL 70, 1137; Fulgenzio, Epistula V, CCL 91, 235; Ferrando, Epistula IV, PL 67, 908; in Index, CSEL 9/2, 76, si trova alla voce Eugippius presbyter: «codd. Vitae habent Eugipius, uel Eugepius; codd. Excerptorum Eugippius uel Euepius; in subscriptione codicis Sangermanensis Excerptorum scriptum est Egippius». Cf. H. Leclercq, Eugippius, in F. Cabrol - H. Leclercq (edd.), Dictionnaire d'Archéologie Chrétienne et de Liturgie, V, Paris 1922, coll. 702-704; G. de Plinval, Eugippius, in M. Viller - F. Cavallera - J. de Guibert (edd.), Dictionnaire de Spiritualité, IV/2, Paris 1961, coll. 1684-1685; M. Cappuyns, Eugippius, in A. Baudrillart - A. de Meyer - É. van Cauwenberg (edd.), Dictionnaire d'Histoire et de Géographie ecclésiastique, XV, Paris 1963, coll. 1376-1378; R. Noll, Eugippius. Das Leben des heiligen Severin, Berlin 1963, pp. 13-34; M. Buedinger, Eugippius. Eine untersuchung, Sitzungsberichte der Österreichischen Akademie der Wissenscaften in Wien, 91 (1978), pp. 793-814; H. Jedin (ed.), Storia della Chiesa, III, Milano 1988, pp. 226 (il diacono Ferrando e la Chiesa nordafricana), 317-326 (Eugippio e il monachesimo latino in Italia nei secc. V e VI), 338-353 (Fulgenzio di Ruspe e le dispute dogmatiche tra cattolici e ariani), 372-390 (Isidoro di Siviglia e Cassiodoro).

[12] Cf. F. Drączkowski, Święty Seweryn Apostoł Norikum, «Vox Patrum» 3 (1983), pp. 81-87; G. M. Colombás, Il monachesimo delle origini, I, Milano 1990, pp. 237-239; Ph. Régerat, Introduction, in Eugippe. Vie de Saint Séverin [SCh 374], Paris 1991, pp. 8-122; I. Gobry, Storia del Monachesimo, I, Roma 1991, pp. 384-385; K. Obrycki, Wstęp (Introduzione), in Eugipiusz. Żywot Św. Seweryna. Reguła, Tyniec-Kraków 1996, pp. 17-37.

[13] Cf. H. J. Diesner, Severinus und Eugippius, Kirche und Staat im spatrömischen Reich, Berlin 1964, pp. 154-167; I. Gobry, Storia del Monachesimo, I, pp.657-667, 711-717.

[14] Cf. Eugippio, Epistula ad Pascasium, CSEL 9/2, 1; idem, Vita santi Severini 44, CSEL 9/2, 64.

[15] Cf. Eugippio, Vita sancti Severini 46, CSEL 9/2, 65; E. Gibbon, Storia della decadenza e caduta dell'Impero romano, II, Torino 1967, pp. 1318-1326.

[16] Cf. Ferrando, Epistula IV, PL Supplementum 4, 38: «denique non ipse hoc solus operaris, sed alios plurimos ad consortium boni operis vocas, cui ministerio sonoram servire campanam beatissimorum statuit consuetudo sactissima monachorum. hanc beatitudini vestrae quoniam iussisti direximus: in qua meum nomen scribere nolui, quod in corde vestro iam scripsit Spiritus sanctus». Dell'anno 533 è certamente l'Epistula I [Epistula dogmatica adversus arrianos aliosque haereticos]: PL Supplementum 4, 22-37. Essa costituisce un piccolo trattato di dogmatica, richiestogli da Eugippio per chiarimenti sulle differenze di fede tra ariani e cattolici. Il testo è preceduto dal racconto degli ultimi giorni di vita del vescovo Fulgenzio di Ruspe. Il documento è pubblicato a brani anche in PL 67, 908-910 con il titolo: De essentia Trinitatis vel de duabus Christi naturis.

[17] Cf. Regola di Eugippio, XIX, 1; XXXVI, 2.

[18] Cassiodoro, De institutione 23, PL 70, 1137.

[19] Cf. Eugippio, Epistula ad Pascasium, CSEL 9/2, 1-6: preambolo alla Vita sancti Severini; K. Obrycki, Życie i działalność literacka Eugipiusza (Vita e opera letteraria di Eugippio), [PSP 32/1], Warszawa 1985, pp. 11-27.

[20] Cf. Fulgenzio, Epistula 5, 12: PL 65, 348; CCL 91, 240; K. Obrycki, Wstęp [Introduzione], in Eugipiusz. Żywot Św. Seweryna. Reguła, Tyniec-Kraków 1996, 11-16.

[21] Cf. M. Palma, Nonantola e il Sud, «Scrittura e civiltà» 3 (1979), pp. 77-88; M. M. Gorman, Chapter Headings for 'De Genesi ad Litteram', «Revue des études augustiniennes» 26 (1980), pp. 99-104; Ph. Régerat, Introduction, in Eugippe.Vie de Saint Séverin [SCh 347], Paris 1991, pp. 12-14.

[22] Cf. Regola di Eugippio, XXXVI, 6-7: si accenna a un compenso per il lavoro di amanuense; I, 123-124: può riferirsi anche ai codici distribuiti per la meditazione (cf. I, 10).

[23] Cf. L. Mirri, La dolcezza nella lotta, Bose 1996, pp. 149-164.

[24] Cf. J. Fontaine, Le genre littéraire du dialogue monastique dans l'Occident latin des Ve et VIe siècle, in M. Starowieyski (ed.), The Spirituality of Ancient Monasticism, Tyniec-Kraków 1995, pp. 227-250.

[25] Cf. V. Pavan, Note sul monachesimo, «Vetera Christianorum» 15 (1978), pp. 347-380; S. Pricoco, Le trasformazioni del monachesimo occidentale fra tarda antichità e alto medioevo, in Morfologie sociali e culturali in Europa fra tarda antichità e alto medioevo, Spoleto 1998, pp. 745-791.

[26] Cf. K. Obrycki, Wstęp, in Eugipiusz. Żywot Św. Seweryna. Reguła, Tyniec-Kraków 1996, pp. 38-44.

[27] Cf. G. Turbessi, Regole monastiche antiche, Roma 1978, pp.11-32.

[28] Cf. M. Bozzi - A. Grilli (edd.), Introduzione, in Regola del Maestro, I, Brescia 1995, pp. 13-27.

[29] Cf. A. de Vogüé, Sub Regula uel Abbate, in M. B. Pennington (ed.), Rule and Life. An Interdisciplinary Symposium, [Cistercian Studies Series, 12], Massachusetts 1971, pp. 21-63; S. Pricoco, Introduzione, in La regola di san Benedetto. Le regole dei Padri, Milano 1995, pp. IX-XVII.

[30] Cf. G. Turbessi, Regole monastiche antiche, Roma 1978, pp. 91-102 (introduzione legislazione pacomiana), 133-147 (introduzione legislazione monastica di san Basilio Magno), 269-280 (introduzione legislazione monastica di sant'Agostino), 317-327 (introduzione Regole dei Padri), 367-372 (introduzione Regola del Maestro); S. Pricoco, Introduzione, in La regola di san Benedetto. Le regole dei Padri, Milano 1995, pp. XVIII-XXIV, cf. anche: pp. 277, 282-283, 287-293, 312-317.

[31] Per migliore lettura, si indicano i capitoli con i numeri cardinali, e non ordinali come nel resto del testo, e si trascrive a caratteri maiuscoli la Regola del Maestro, per evidenziarne l'alternanza nella sequenza delle altre fonti.

[32] Cf. A. de Vogüé, Nouveaux aperçus sur une règle monastique du VIe siècle, «Revue d'ascétique et de mystique» 41 (1965), 19-29; per la ripartizione delle fonti nei 42 capitoli, cf. K. Obrycki, Wstęp, in Żywot Św. Seweryna. Reguła, Tyniec-Kraków 1996, pp. 45-47. In particolare, sant'Agostino occupa il cap. 1; la Regola dei Quattro Padri 3 il cap. 2; la Regola di Pacomio 159 il cap. 26; la Sententia di Novato il cap. 29; di Cassiano: la Conlatio 12, 2 il cap. 30; la Conlatio 12, 7 il cap. 31; le Institutiones 4, 9 il cap. 32; le Institutiones 4, 9 il cap. 32; le Institutiones 4, 39-43 il cap. 33; le Institutiones 2, 15-16 il cap. 34; le Institutiones 3, 7 il cap. 35; le Institutiones 4, 12 il cap. 36; le Institutiones 4, 16 il cap. 37; le Institutiones 4, 18 il cap. 38; la lettera 125 di Girolamo il cap 42.

[33] A. de Vogüé, L'influenza di Basilio sul monachesimo occidentale, in S. Brock - M. Cortesi - A. de Vogüé - J.-R. Pouchet e Aa.Vv., Basilio tra Oriente e Occidente, Bose 2001, p. 219.

[34] Cf. L. Mirri, La dolcezza nella lotta, Bose 1996, pp. 15-22; cf. A. de Vogüé, Nouveau aperçus sur une règle monastique du VIe siècle, «Revue d'ascétique et de mystique» 41 (1965), p. 30.

[35] Cf. per esempio capp. XXVIII, XXIX e XLVI della Regola di Eugippio.

[36] Cf. Regola di Eugippio XXVI, 40-46.

[37] Cf. Regola di Eugippio XXII, 6 - XXIV, 10-11; A. de Vogüé, De Cassien au Maître: le titre du chapitre de l' humilté, «Studia monastica» 24 (1982), 247-261.

[38] Cf. B. Degórski, I Libri sapienziali nella letteratura monastica delle origini (secc. IV-V), in Letture cristiane dei Libri Sapienziali [Studia Ephemeridis «Augustinianum», 37], Roma 1992, pp. 65-86. In questa letteratura ascetica maturata in ambienti maschili, è assente il Cantico dei Cantici, considerato troppo sensuale.

[39] Cf. Ph. Régerat, Introduction, in Eugippe. Vie de Saint Séverin, [SCh 374], Paris 1991, pp. 122-135.

[40] Cf. Regola di Eugippio I, 1 e cap. XLI.

[41] Cf in particolare: Regola di Eugippio I, 35-46; G. Penco, La composizione sociale delle comunità monastiche nei primi secoli, «Studia monastica» 4 (1962), pp. 257-281.

[42] Cf. Regola di Eugippio XXVII, 27; cf. G. Penco, Sul concetto del monastero come 'schola', «Collectanea Cisterciensia» 32 (1970), p. 333.

[43] Regola di Eugippio, XXVII, 26.

[44] Regola di Eugippio, XXV, 21; per l'abate come «padre»: I, 3 e XXIX, 26; per l'abate che fa le veci di Cristo: XXV, 2; per l'abate come «pastore»: XXV, 7 e 10; per l'abate come «maestro»: XXV, 11, 17, 20 e cap. XXVI; ancora sul «superiore»: I, 140-148. Cf.anche: A. de Vogüé, Le monastère, Église du Christ, in B. Steidle (ed.), Commentatione in Regulam sancti Benedicti, [=Studia Anselmiana, 42], Romae 1957, pp. 25-46; P. Tamburrino, La Regula Magistri e l'origine del potere abbaziale, «Collectanea Cisterciensia» 28 (1966), pp. 160-173.

[45] Cf. Regola di Eugippio, I, 2, 10, 24; A. de Vogüé, L'horaire de l'Ordo Monasterii. Ses rapports avec le monachism égyptien, in C. Mayer - K. Heinz Chelius (edd.), Homo Spiritalis, Würzburg 1987, pp. 240-258; idem, L'influence du monachisme des Kellia en Occident, in M. Starowieyski (ed.), The Spirituality of Ancient Monasticism, Tyniec-Kraków 1995, pp. 164-168.

[46] Regola di Eugippio, I, 53.

[47] Regola di Eugippio, I, 33.

[48] Cf. Regola di Eugippio, XXIX, 76-81.

[49] Cf. Regola di Eugippio, I, 59-68.

[50] Cf. Regola di Eugippio, I, 85-90.

[51] Cf. Regola di Eugippio, capp. XXI, XXXIV, XXXV.

[52] Cf. Regola di Eugippio, XXIX, 52-59.

[53] Cf. Regola di Eugippio, capp. XVIII e XXXII.

[54] Cf. A. de Vogüé, Novati Sententia de Humilitate et Obedientia, in G. Pelliccia - G. Rocca (edd.), Dizionario degli Istituti di Perfezione, VI, Roma 1980, pp. 441-442; A. Solignac, Novat le catholique, in M. Viller - F. Cavallera - J. de Guibert (edd.), Dictionnaire de Spiritualité, XI, Paris 1982, coll. 477-478; T. Kardong, Justitia in the Rule of Benedict, «Studia monastica» 24 (1982), pp. 43-73.

[55] Cf. Regola di Eugippio, cap. XXXIII.

[56] Regola di Eugippio, XLI, 18.

[57] Spesso è usato il linguaggio militare: l'asceta, oltre che atleta di Cristo, è per antonomasia chiamato il «miles Christi». Cf. Regola di Eugippio, XLII, 90-95 per il tema della superiorità della carità nella vita cenobitica. Per un commento alla Regola di Eugippio cf.: M. Krausgruber, Die Regel des Eugippius. Die Klosterordnung des Verfassers der Vita Sancti Severini im Lichte ihrer Quellen. Text, Übersetzung und Kommentar, Innsbruck 1996, pp. 215-253; D. Sanchis, Pauvreté monastique et Charité fraternelle chez saint Augustin, «Augustiniana» 8 (1958), pp. 5-21; A. de Vogüé, Les conseils évangéliques chez le Maître et saint Benoît, in Los Consejos evangélicos en la tradición monástica, [Studia Silensia, I], Abadia de Silos 1975, pp.13-27; idem, Cassien, le Maître et Benoît, in J. Gribomont (ed.), Commandements du Seigneur et libération évangélique, [=Studia Anselmiana, 70], Roma 1977, pp. 223-235: le fonti utilizzate da Eugippio (l'Ordo Monasterii, la Regola del Maestro e Cassiano), gli aspetti di teologia monastica e spirituale esposti. Sui contenuti della Regola del Maestro, cf. anche: A. A. Häussling, Das Commemoratorium des Eugippius und die Regula Magistri und Regula Benedicti, in B. Jaspert - E. Manning (edd.), Regulae Benedicti Studia, Annuarium Internationale V, Hildesheim 1977, pp.33-42; I. Gobry, Storia del Monachesimo, I, Roma 1991, pp. 680-694.

[58] Cf. Regola di Eugippio, I, 83-96.

[59] Regola di Eugippio, I, 152.

[60] Cf. Regola di Eugippio, XXVIII, 87-114.

[61] Cf. M. Krausgruber, Die Regel des Eugippius. Die Klosterordnung des Verfassers der Vita sancti Severini im Lichte ihrer Quellen. Text, Übersetzung und Kommentar, Innsbruck 1996, pp. 255-277 (analisi della Regola).

[62] Cf. idem, ibid. pp. 278-282, 305-309.

[63] Cf. anche S. Pricoco, Introduzione, in La Regola di san Benedetto. Le Regole dei Padri, Milano 1995, pp. XXXVII-XLIII per un confronto fra la Regola di san Benedetto e quella del Maestro.

[64] Cf. Regola di Eugippio, capp. V e XXIII, XVIII, 18-48, XXVII, 6-18.

[65] Cf Regola di Eugippio, I, 26, cap. XXII.

[66] Regola di Eugippio, I, 83.

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